24 MAGGIO 1915-2015
OGGI COME ALLORA IL CUORE DELL’ITALIA BATTE SU QUEI CONFINI.
24 maggio 1915… Per l’Italia da quel giorno nulla fu più
come prima. Migliaia e migliaia di ragazzi italiani vennero chiamati alle armi
e di corsa scaraventati nell’inferno delle trincee nelle cime più sperdute dei
nostri confini.
“Il macello dei popoli” così venne definita quell’immane
catastrofe scatenata dai grandi interessi delle industrie e dal totale
fallimento delle diplomazie europee.
Una guerra che nessuno voleva (all’apparenza) ma che tutti avevano
preparato nei minimi dettagli. Fortificazioni lungo i confini ed interi
bastimenti nati dal nulla per ospitare, anche in territori impervi, migliaia di
uomini per lunghi periodi.
Tutto fu inutile,
dato che fu una guerra totalmente “nuova” ed imprevedibile con l’avvento di
nuove armi e nuovi modi di concepire i combattimenti stessi: le trincee, i
primi carri armati ed aerei, i gas asfissianti, la mitragliatrice e i nuovi
fucili automatici, lo sviluppo dell’artiglieria con cannoni e mortai a
lunghissime gittate.
Ma i veri protagonisti nel bene e nel male furono loro, i
NOSTRI FANTI quella generazione di contadini, pastori, artigiani e lavoratori
chiamati a combattere all’inizio per una guerra che nemmeno sentivano loro,
dove però, dopo i primi combattimenti e le disfatte tra mille difficoltà e
sofferenze trovarono il motivo e la determinazione per cui dover combattere e
dare la vita ovvero LA DIFESA DEI SACRI CONFINI DELLA PATRIA.
Dopo la disfatta di Caporetto dove il nostro esercito era
totalmente allo sbando con perdite in termini di vite umane assurde, ogni fante
capì che il momento in cui doveva essere fatta l’Italia era arrivato, e sul
Piave nacque il più bel fiore del patriottismo italiano, quella difesa e quella
riscossa con il ferro e con i denti che fu come un’onda travolgente che
ridisegnò i nostri sacri confini ricacciando il nemico al di fuori di essi.
Di tutto dovettero patire i nostri fanti, la pioggia, il
freddo, il gelo, il fango delle trincee, la fame a causa degli scarsi
rifornimenti, le malattie portate dalla carenza di igiene, lo shock per i
ripetuti e violentissimi bombardamenti e l’assurda paura della “morte
silenziosa” portata da un attacco da gas asfissiante.
Quella guerra costò all’Italia 650.000 vittime circa ed un
imprecisato numero di mutilati e di uomini che a causa degli shock non
torneranno più ad una vita normale.
Sono passati 100 anni dall’ingresso dell’Italia nella Prima
Guerra Mondiale, una guerra che per troppi anni da italiani abbiamo dimenticato
o voluto forzatamente dimenticare, commettendo l’errore di non tramandare alle
nuove generazioni quello per cui “quei ragazzi” combatterono e diedero la vita
L’UNITA’ DELL’ITALIA E LA DIFESA DEL SUO SACRO SUOLO. L’ortigara, Il Montello,
l’Adamello, l’Isonzo, Il monte Grappa, il monte San Michele, il monte Pasubio,
il Piave e molti altri luoghi simbolo della nostra guerra siano ricordati da
tutti come i luoghi in cui lo spirito italico unì le genti dal Piemonte alla
Sicilia sotto un'unica bandiera. Questo è quello che ci hanno donato e noi
dobbiamo continuare ad onorarli amando e rispettando sempre quel Tricolore simbolo
della Patria unita e di un grande popolo.
Per rispetto e gratitudine a quei ragazzi, mettiamo fuori
casa tutti un Tricolore, perché queste sono LE VERE OCCASIONI IN CUI DEVE
ESSERE LIBERATO AL VENTO, IN MEMORIA DEI FRATELLI D’ITALIA CHE TUTTO HANNO
DONATO!
GRAZIE RAGAZZI!
OGGI COME ALLORA… “IL
PIAVE MORMORAVA CALMO E PLACIDO AL PASSAGGIO, DEI PRIMI FANTI IL 24 MAGGIO!”
SONNINO IN AZIONE
La Leggenda del Piave
E.A. Mario
Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!
S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»
Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!
S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»
E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame...
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora...
«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento...
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi... Libere le sponde...
E tacque il Piave: si placaron l'onde...
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!
S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»
Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!
S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»
E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame...
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora...
«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento...
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi... Libere le sponde...
E tacque il Piave: si placaron l'onde...
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!